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Pubblicato su Il Quotidiano del Sud, il 17 giugno 2020
Giulio Giorello, filosofo liberal ed “eretico”, si è spento. Forse il cuore non ha retto alle prove recenti di un serio infarto e ai due mesi di battaglia ingaggiata con il coronavirus che pure aveva sconfitto. Ne è lucida e bella testimonianza la partecipazione al dibattito promosso da “La Lettura” (inserto domenicale del Corriere della Sera dello scorso 7 giugno) con Elliot Ackerman, ex marine, scrittore e giornalista americano, Sergio Harari, pneumologo e docente milanese di clinica medica, e lo stesso Giorello. Proprio lui ci ricorda come la “metafora” della guerra, tanto abusata, sia appropriata per la lotta alla pandemia, purché si riconosca la specificità di un subdolo nemico, in modo da trattarlo con le armi adeguate e “i soldati e i generali” da “formare” per una credibile soluzione vittoriosa. Ma Giorello non dimentica le tante “nuove guerre” da combattere con mezzi seri ed efficaci contro mali che affliggono “vari popoli del mondo”, come droga, povertà, sottosviluppo. La lezione del Covid gli sembra una laica e decisiva “esperienza” per imparare, per mutare i parametri con cui fissiamo le nostre, spesso distorte, priorità.
Era proprio della sua sensibilità tenere insieme la ricerca più rigorosa e spregiudicata sui temi della scienza, del suo significato e ruolo, sulla storia e sul valore attuale della (e) Libertà, con la passione civile per i diritti dei fragili e dei meno fortunati. Ma il filosofo Giorello era anche un eccentrico, infinitamente curioso, aperto alla vita nella ricchezza delle sue forme. Un suo libro, sapiente e godibile, su “La filosofia di Topolino”, incrocia mirabilmente analisi del fumetto, filosofia della scienza, etica e politica. Un’intervista su Rainews ci ha appena ricordato la sua ragionata passione per la grande musica (Bach, Mozart) ma anche per i Pink Floyd e il Rock. Non è per lui un problema di generi, nobili o leggeri. Quel che conta è se un’Arte ti invade l’anima e acuisce il tuo sentire.
Aggiungo un breve ricordo: era venuto più di una volta a Fiera Gutenberg a presentare e discutere alcuni suoi bei libri. Quando entrò la prima volta nella presidenza del Liceo Galluppi la percorse avanti e indietro in preda a una vera inquietudine. La testa era rivolta agli impegni lasciati a Milano per la parentesi calabrese. Ma, prima un buon caffè, e poi gli interventi di tanti ragazzi e docenti, lettori ben attrezzati, lo convinsero del valore del Progetto che ambiva a risvegliare le menti e una certa sonnolenza della scuola. Perciò, come il suo amico scienziato Edoardo Boncinelli, era tornato con affettuosa disponibilità. L’ultima volta, mentre uscivamo, docenti, studenti, cittadini, dalla Casa delle Culture della Provincia di Catanzaro dopo un vivace confronto con lui, si soffermò ad ammirare, mentre imbruniva, lo storico Palazzo della Prefettura già illuminato. Poi volle fare una passeggiata nel reticolo delle vie e viuzze del Centro Storico della città. Era sinceramente stupefatto e incredulo, dopo aver sentito, non so da chi, delle brutture del capoluogo di regione.
Anche questo era un segno della capacità sua di discriminare, di riconoscere il bello sotto la brutta veste della cattiva modernità.
Avremo tempo e modo di discutere i suoi coinvolgenti lavori e il suo pensiero. E’ questo l’omaggio che avrebbe gradito.
Armando Vitale